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Esce il 3 giugno 2022,  per la Seahorse Recordings, “As a Sky of Fallen Planets“, l’album di debutto per l’enigmatico Faceless Night Lines, giovanissimo compositore che risiede nella zona di Napoli.
Il suo lavoro denso ed esoterico viene ben presentato nel video realizzato per il brano “A.7-The Call Of The Horn“, che di certo affascinerà gli amanti del minimalismo glaciale di Mùm, Sigur Ros, Ulver, Howard Shore e Akira Yamaoka.
Il suono del Corno richiama chi vive in schiavitù dalla solitudine alla presa di coscenza di massa, preparando al rituale finale, al momento in cui la luce si espande sulle vibrazioni che uniscono la realtà al potere spirituale. E’ il capitolo dell’Ascensione.

“As a Sky Of Fallen Planets” è un viaggio tra mondi, dimensioni, realtà pure ed inimmaginabili, sotto un cielo testimone di millenni di filosofie, complotti, pianificazioni e manipolazioni.
Un lavoro che si tinge di atmosfere al di fuori della realtà concreta, abbracciando quella che è unicamente la dimensione d’arte, affacciandosi verso quelle stanze buie, quegli antri inghiottiti dall’oscurità, riempiti e deteriorati da urla di disperazione, di desiderio di rivoluzione, di una reazione ultima e fatale, innalzando cori solenni e celestiali che sfiorano le sottili e pallide menti di chi ha creato e mantiene il proprio controllo su quegli spazi di prigionia marcia e subdolamente vivificante.
Tutto rimane immobile, fermo nella propria staticità, mentre il mondo e gli universi ospitanti deformano la propria conformazione, ammirando il profondo cambiamento che semplici vibrazioni e frequenze portano con sé.
E’ un elogio allo spirito interiore, un monito per chi si ritrova imprigionato dal volere di divinità che provengono dall’esterno, o che talvolta albergano in noi, nutrendosi della nostra linfa, della nostra energia, del nostro entusiasmo, della nostra nascosta e sopita voglia di essere, in qualche modo, immortali.
Attraverso 14 capitoli che dilatano il tempo e lo spazio la realtà viene filtrata attraverso una narrazione che devolve la propria esistenza alla pura arte del nutrire se stessi, dell’avvertire le corde del proprio io interiore rispondere alle pressioni ed alle torture cui si è sottoposti, attorniati da una retorica cinica, decomposta, illusoria e tagliente.
Un mare di suoni elettronici e industrial è il mezzo scelto per raffigurare quest’affresco: gocce, frammenti di post-punk, post-rock e ambient spirituale da cui sgorgano note in una produzione assolutamente underground che sorpassa il concetto di musica, per affacciarsi a un concetto di arte a 360°, in un mix di stili e strumenti che hanno la loro radici nella storia dell’avanguardia, ma che guardano a un futuro differente e non pianificabile.  
Non tutto ciò che risplende e fiorisce è in grado di donare pura vita, non tutto ciò che rappresenta la fine, l’ultimo impatto, è davvero in grado di mettere un punto definitivo, e sta a noi decidere da che parte guardare, verso quale cielo, interiore o esterno che sia.

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