“Tears and Light”: il nuovo progetto discografico del trio Yugen
Prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito dal 7 febbraio in Italia e all’estero da Ird e dal 14 febbraio nei migliori store online da Believe Digital, “Tears and Light“, è il nuovo progetto discografico del trio salentino Yugen. Katya Fiorentino, Stefano Compagnone e Maurizio De Tommasi presenteranno ufficialmente gli otto brani originali del cd venerdì 10 febbraio alle 21 con un concerto ospitato dalle Officine Culturali Ergot in Piazzetta Ignazio Falconieri a Lecce.
La gamma sonora del trio, nato nel 2020, sviluppa un gioco di spazio e tempo. Cicliche cellule ritmiche e melodiche si miscelano ad ampie dilatazioni sonore dalle quali emerge una concezione orizzontale della band in cui ogni strumento è sempre protagonista del brano eseguito: un paesaggio sonoro sospeso, evanescente, a tratti intimo o astratto ma sempre ricco e multiforme, attraverso una ricerca estetica propria delle avanguardie jazz europee contemporanee, che affonda le sue radici nella tradizione dei paesi scandinavi. Un linguaggio essenziale e allo stesso tempo colorato, una continua ricerca di soluzioni timbriche raffinate e originali, temi dalla forte impronta melodica, l’improvvisazione e la totale libertà espressiva sono le caratteristiche essenziali del trio. Yugen è una proposta ad ascoltare e ad ascoltarsi, è un invito a far sì che un’esperienza soggettiva possa divenire collettiva. In linea con lo stile musicale, la scelta del tri o è quella di esibirsi esclusivamente all’interno di musei, associazioni culturali, festival, luoghi storici o d’arte. In alcuni brani del disco il trio è affiancato da Valerio Daniele, Giorgio Distante e Francesco Massaro.
«Goethe diceva che “l’architettura è musica congelata”. Dunque, la musica è architettura», scrive Davide Ielmini nelle note di copertina. «Lo sa bene questo trio, capace di un linguaggio emotivamente divergente ma compatto nel quale, tra il vigoroso e l’ardimentoso, non mancano toni riflessivi ma mai leggeri. Yugen, con la sua purezza sonora disarmante, unisce le trasfigurazioni sonore della contemporaneità in una narrazione a tratti epica. Nella quale le dicotomie dei sentimenti, sempre fuggevoli come lo è a tratti questa musica, si riversano in quelle sonore: da un lato la tromba di Giorgio Distante in “If You Want” (melodica e verticale) e dall’altro la chitarra di Valerio Daniele in “Tears And Lights”. Il significato di questo primo lavoro si ritrova nel nome giapponese del trio, che indica qualcosa di “leggermente scuro” e misterioso come lo sono le ombre. Perché ciò c he non si conosce è ciò che conta», prosegue il pianista, giornalista e critico musicale. «La logica musicale riesce ad ottenere questi risultati perché non dimentica mai di dover essere anche illogica. Quindi, mutevole per sua stessa natura. È per questo che i brani del trio sono cerchi che non vogliono chiudersi: hanno un inizio ma potrebbero non avere una fine. Ispirati a tratti da due modelli del jazz progressive i tre trovano nel disegno musicale dell’ostinato il giusto ancoraggio stilistico nel quale la scrittura, l’improvvisazione e l’interpretazione sono tutte figlie di una incontrastata libertà espressiva. Delle due definizioni che Bärtsch ha coniato per la sua musica, Ritual Groove è particolarmente adatta a questo percorso dove il battito metronomico, che guida le cellule ritmiche cicliche, ha il duplice ruolo di trattenere e rilasciare. Mutevoli fino ai confini dell’ipnosi, questi brani seguono i principi della ripetizione e della riduzione attraverso il procedere orizzontale dell’interplay. Nel quale il collettivo è unità divisa in tre».