“Back again”: il terzo singolo degli Escape to the roof

E’ disponibile “Back again” edit il terzo singolo, con videoclip, degli Escape to the roof, un brano che trae ispirazione dalla forza dei pensieri e dalle parole di pensatori, filosofi, poeti e veggenti che tornano, sempre, ciclicamente, ad essere quantomai attuali.
“Le menti superiori, che offrono l’ebbrezza della rivoluzione, con parole disposte alla violenza, almeno nelle intenzioni – spiega G.C. Wells, leader della rockband siciliana formata da Jann Ritzkopf VII; Zikiki Jim al basso; Luis Canemorto alla batteria, Joe Stugots alle chitarre -. Ma nessuno li aspetta. E se tu vuoi essere tra quei pochi, sappi che diventerai compagno della solitudine. Che parlerai da solo, piangerai e ti arrabbierai. Più tardi piangerai e ti arrabbierai soltanto. Più tardi ancora penserai solamente e piangerai. Quando sarai laggiù sappi che troverai la verità o la pazzia. Forse sono la stessa cosa, ma tu spera”.
Spunti che arrivano da Arthur Schopenhauer in Parerga und Paralipomena: “La vera e profonda pace del cuore e la perfetta tranquillità d’animo, che costituiscono subito dopo la salute il più grande bene terreno, si troveranno soltanto nella solitudine, e come stato d’animo duraturo solo nel più profondo isolamento. Se in tal caso la propria individualità è grande e ricca, si godrà dello stato più felice che possa venir ritrovato su questa povera terra”.
Solitudine che viene descritta anche dal poeta e scrittore Giorgio Anelli, in questo modo: “il poeta è solo. Come ciascuno di noi, del resto. Ma il fatto che lui lo sia, rende speciale quel che racconta. Non potrebbe mai vivere quel che sente, se fosse sempre accompagnato ovunque lui vada. Non potrebbe sentire con la stessa intensità, se con lui ci fosse sempre un cane al guinzaglio. Insomma, egli deve bastare a se stesso, farsi attraversare dal mondo.
Dal ritratto del filosofo di Platone, tratto da Teeteto del IV sec. A.C. che scrive: “soltanto il suo corpo abita nella città e qui ha la sua residenza, ma la sua anima, considerando tutte queste cose meschine e da nulla e considerandole con disprezzo, si lascia portare, secondo il detto di Pindaro, ovunque, fino «nelle profondità della terra» e ne misura le superfici: ora invece «in alto nel cielo», a scoprire le leggi del firmamento, e indaga per intero tutta la natura degli esseri, ciascuno nella sua interezza, senza mai ripiegare se stessa su alcuna delle cose vicine.
O dalla poesia che nel 1968 Pier Paolo Pasolini dedica a Panagulis dopo che il poeta greco venne condannato a morte dal tribunale militare del regime dei colonnelli per l’attentato (fallito) di Varkiza del 13 agosto 1968 a Georgios Papadopulos.