L’immagine che ho di me” è il primo album dei selflore, un disco in bilico tra suoni granitici e la ricerca di una melodia comunicativa, per esporsi, incontrarsi e sciogliere il ghiaccio che ci divide.

Un disco breve e compatto in cui le sei tracce raccontano un cammino dissestato con cui esorcizzare ansie e paure, un percorso con cui accettare la percezione che si ha di se stessi e della propria figura senza per forza paragonarla agli altri. Nel panorama glaciale evocato dall’artwork svetta centrale un’abitazione, una baita in legno, un luogo sicuro in cui rifugiarsi, non soli ma con tutte le persone che amiamo. Il viaggio personale intrapreso diventa così corale e collettivo ed è quindi possibile solo quando lasciamo che le relazioni scaldino quello strato di gelo che mettiamo tra noi e gli altri per proteggerci.

Anche la ricerca musicale della band può essere paragonata alla compattezza della neve, solida e possente come i bordoni di distorsione che dinamicamente ci vengono spinti contro, lenti ma inesorabili. Nelle sei tracce del disco l’imprinting emo punk dei membri della band sa ammorbidirsi e commistionarsi avvicinandosi di volta in volta a generi diversi. Se le chitarre passano da melodie più alternative rock a distorsioni più shoegaze, la voce cerca una sua direzione personale, sporca ma sempre intellegibile. Il basso scurisce e da profondità e coerenza a questo unicum sonoro che viene colorato da spunti più moderni come beat di batteria elettronica e l’inserimento di synth e sample.

“L’immagine che ho di me” verrà pubblicato in due edizioni limitate: il vinile è prodotto per Non Ti Seguo Records, Dancing Rabbit Records, Engineer Records, Fireflies Fall, mentre la versione in tape è curata È un brutto posto dove vivere.

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