Print Friendly, PDF & Email

Un disco dal grande senso melodico in cui la musica brasiliana si mescola con il suono e la poetica dei grandi chitarristi della musica jazz. Queste le caratteristiche del nuovo disco di Nick di Giovanni intitolato “Mood from Heaven” in uscita il 21 febbraio per l’etichetta Emme Record Label. Questo lavoro rappresenta un viaggio nella musica del chitarrista e oboista al quale hanno partecipato il bassista e contrabbassista Pietro Pancella e il batterista Michele Santoleri. Un percorso che è il frutto di una personale ricerca in ambito musicale e che ha l’ambizione di rappresentare il viaggio di ognuno di noi, dentro il quale è possibile trovare attraverso forme musicali semplici, un continuo riferimento all’essere umano e a ciò che caratterizza la sua vita. Mood from Heaven ha il fine di essere, fuori e dentro i suoi processi musicali, un progetto dalla chiara connotazione spirituale, che vede nelle sue composizioni la volontà di un profondo incontro tra musica e fede cristiana. Il suono che ne consegue vede come in un binario il procedere verso la stessa direzione artistica della chitarra e dell’oboe, così come del contrabbasso e del basso elettrico che si relazionano costantemente con il suono di una batteria moderna e brillante. Il Nick Di Giovanni trio propone, attraverso una tipica formazione jazz, nove brani fortemente influenzati dalle melodie e dalla cultura che provengono dal Brasile e dai grandi chitarristi contemporanei come Pat Metheny e Bill Frisell.

Tra i brani più importanti del disco citiamo Blessed Day la cui melodia è accompagnata da un sapiente suono di basso che pur mantenendo un indiscusso timbro vintage dialoga spontaneamente con una batteria libera e creativa e con l’oboe. Quest’ultimo nella parte centrale si lascia andare a un solo che si incastra perfettamente con l’armonia sempre creata dal basso. Più leggera ma non meno profonda è l’atmosfera che caratterizza Present, fortemente influenzata dalla musica brasiliana e da un limpido ottimismo che spesso riaffiora all’interno del lavoro ma che lascia spazio anche ad episodi diversi come in Storm, conclusa da un intenso solo di batteria. In questa composizione il suono della chitarra, suonata con le dita e con il plettro, è il frutto di una personale ricerca artistica e di studio, che ricorda le atmosfere di Pat Metheny, così come quelle di Bill Frisell. We have to learn invece si contraddistingue per uno spontaneo incontro timbrico tra la chitarra jazz tradizionale e quella acustica, caratterizzato da un crescendo presente nella seconda parte del tema.

Share Button