Incisioni barbariche” è l’esordio discografico dei Rusty Brass, formazione pan-bresciana forte di 3 trombe, 2 tromboni, bassotuba  e basso elettrico, batteria e percussioni.

L’inizio è travolgente, fedele al titolo: una primitiva nebbia sonora da cui si dipana, misterioso e carico di tensione, il canto di una tromba, che scatena l’orda barbarica; ma non è il momento del saccheggio o della battaglia, è la festa, è la danza, è la disco, è Longoparty.

La seconda traccia, “Sagai“, innesta su un inesorabile funk il testo programmatico – e labirintico: “È arrivato il momento in cui si canta/solo che non so di che parlare/ti dirò, la strumentale non mi stanca/e non ho voglia di cantare”. Alla formazione di ottoni si affianca, in “Marcia dei vinti“, il suono del vibrafono di Olmo Chittò, che allaccia elegantemente le due parti del brano: una marcia dal carattere dimesso ed un reggae orientaleggiante che suona come una redenzione. È poi il turno di “Andrew“, rielaborazione in chiave New Orleans della celebre ‘Andrea’, fedele resa della parata di strada arricchita dal sax di Luca  Ceribelli e dalla batteria di Nanni Gaias

Pezzo X” è l’introduzione cupa, monologante e teatrale della traccia seguente: “Iron Rage“, ruggito arrugginito che aggredisce l’ascoltatore e sgomenta tra rap, trombe mariachi, dialetto bresciano e strepiti barbarici. Subito dopo “O.O“, poesia luminosa che da un tema sereno e semplice culmina nel canto dell’intera band e torna dolcemente alla calma, dimostrando tutta la duttilità degli ottoni. 

La traccia seguente si apre con una descrizione d’altri tempi dei Rusty Brass, un manifesto a dire il vero un po’ ingiallito del concerto che inizia subito dopo: “Scherzo finito male“. Ma la musica incalzante ed il ritmo sono interrotti da chi in strada pretende la quiete: ‘Ma la volete finire? La piantate con quel megafono? Ma state ancora suonando?’. Chi avrà l’ultima parola?

Il disco si era aperto con la disco longobarda, e si chiude col funk bresciano di “Chei de là del fos“. Una sassaiola di note, nessun ferito, tutti ballano e rotolano nel funk, dimenticando i confini spazio-mentali che ci separano.