Esce il nuovo lavoro dei Tupa Ruja, “Contrast”, per Filibusta Records, il loro quinto album. Martina Lupi e Fabio Gagliardi, fondatori del gruppo sono accompagnati in questo disco da Stefano Vestrini e Mattia Lotini, e ospiti come Javier Girotto, Alessandro Gwis, Marco Siniscalco e Michele Gazich.

Dieci canzoni, ognuna ritratto e narrazione di emozioni profonde e vissute.

Un album dove ogni brano ha un tessuto espressivo sostanzialmente differente dagli altri, ma è accomunato dall’intento di unire suggestioni, intense emozioni, a sfumature sonore di vario genere, per far coesistere linguaggi, ritmi e caratteristiche musicali di culture diverse, geograficamente lontane tra loro.

Sosteneva Stravinskij che “il significato profondo della musica e il suo scopo essenziale è favorire la comunione, l’unione dell’uomo col suo prossimo, e con l’essere supremo”.

Un percorso esistenziale dunque, che pone le basi in una ricerca autobiografica nel sentire, in cui l’autrice e compositrice Martina Lupi delinea i tratti espressivi della sua personalità eclettica e poliedrica. La forma espressiva è poi resa possibile dall’intreccio e l’incastro perfetto con i musicisti del gruppo.

Fabio Gagliardi, didgeriduista e percussionista, con la sua sensibilità e maestria, impiega il didgeridoo superando la tradizione che lo vede strumento il cui uso fin dall’antichità era volto alla musica dei riti comunitari, rendendolo “percussione a fiato”, con il quale sperimentare e spaziare anche in ambiti melodici, grazie all’uso del didjeribone, come fosse un trombone e donando ad alcuni brani un carattere onirico, quasi spirituale.

Le percussioni di Stefano Vestrini arricchiscono e implementano il linguaggio evocativo dei brani, attraverso la presenza sempre ben calibrata di elementi ritmici che riportano all’Africa, al Sud America e ad una evoluzione costante e personale, frutto di ricerca, studio e interpretazione delle tradizioni musicali e culturali, che lo stesso Vestrini ha approfondito sul campo.

Le chitarre di Mattia Lotini sono poi il flusso armonico che dona un’impronta unica all’album e sulla sua misuratezza quasi “di velluto”, si posa la voce di Martina Lupi, alla quale concede di esprimersi, sempre supportandola con carattere positivo e rassicurante, dato dal gusto e dal tocco puro e deciso che contraddistinguono il suo modo di suonare la chitarra e il bouzouki irlandese.

Alla ricchezza sonora ed espressiva dell’album hanno contribuito degli ospiti di rilevanza artistica molto alta: Javier Girotto, Alessandro Gwis, Marco Siniscalco e Michele Gazich.

Il sax soprano, epico, di Javier Girotto, ha viaggiato sulla strada maestra del basso di Siniscalco, e insieme hanno arrangiato “La distanza”, che è l’unico brano dell’album eseguito senza la presenza degli altri musicisti del gruppo, ma che rappresenta la fotografia di un’emozione intensa, di un sentimento di vuoto, di mancanza, espresso dapprima nella scelta di vestire il testo e la voce di Martina solo con l’armonia a tratti cupa e ridondante del basso, per poi librarsi in una sensazione di esplosiva esternazione, regalata dalle note suggestive e penetranti di Javier Girotto.

Sax soprano e quena di Girotto sono anche gli strumenti che caratterizzano “Oua”, la canzone in lingua genovese scritta da Fabio Gagliardi (una delle due dell’album che non sono state scritte da Lupi), arrangiata con il quartetto al completo. Il testo struggente di Fabio Gagliardi è esaltato dalle note di Girotto che hanno in sé tutta l’eredità linguistico-culturale della sua terra, l’Argentina e il carattere unico e distintivo del suo modo di fare musica, che hanno ampliato e connotato la dimensione sonora ed espressiva del brano.

Il pianista Alessandro Gwis, precedentemente componente del gruppo dal 2017 al 2021, ha donato la sua ingegnosa e brillante interpretazione nel brano “Nina tu eres”, scritto da Martina Lupi per sua figlia Nina, che fonde al ritmo di chacarera, una rigorosa struttura armonica e ritmica alla freschezza di un testo profondamente ispirato e sognante in lingua spagnola.

Il violino di Michele Gazich, in “D’ali”, un brano di Martina Lupi in italiano con una inserzione in lingua turca, ha regalato suggestioni gitane e mediorientali come fossero un’eco, un riverbero che proviene da molto lontano, quasi un urlo che avvolge di sacralità e mistero un testo che afferisce a quell’aspetto della vita che non si limita al visibile, ma che solo attraverso i sogni o alcune rivelazioni si può riuscire a percepire e concepire.

“Contrast” ha un significato allegorico: il carnevale, simbolicamente inteso come la pulsione di vita che si contrappone alla morte. Due concetti contraddittori che contraddistinguono l’esistenza umana.

Un archetipo che si inserisce perfettamente nel momento storico che viviamo, in un mondo caratterizzato da violenza e guerra.

La morte intesa come nemico che risiede nell’animo umano, negli abissi profondi dell’essere, si manifesta nel momento allegorico del carnevale, quando nel pieno dell’espressione della lussuria, delle forme pacifiche di arte e convivialità, viene respinta da una forza generatrice più potente, che rimanda il suo inesorabile arrivo ad un tempo diverso, lontano da quello del carnevale.

Con questo brano tradizionale in lingua friulana che dà il nome al disco, i Tupa Ruja hanno vinto il primo premio Alberto Cesa – Folkest 2022.

I Tupa Ruja nascono come duo nel 2006 dalla voglia sia della cantante, autrice e compositrice, Martina Lupi, sia del polistrumentista Fabio Gagliardi, di dar vita ad un genere musicale sperimentale, ma che affondasse le radici in sonorità antiche.

Nel 2007 registrano il loro primo album “Terra Mi Chiami”, un lavoro minimale e di ricerca, dove uniscono due tra gli strumenti più antichi al mondo: la voce e il didgeridoo. Il duo si muove nel panorama della musica etnico-sperimentale partecipando a numerose rassegne nazionali e internazionali, e nel 2011 danno vita al loro secondo disco “Suono dunque Sono”.

Oltre ad esibirsi in vari festival di musica etnica e world, suonano come musicisti di strada nelle piazze di tutta Italia, prevalentemente a Roma, e all’estero a Barcellona, Parigi e Berlino. Questa esperienza di musicisti di strada ha per loro risvolti inaspettati; nel giro di cinque anni, vendono circa 7.000 cd, viaggiano tanto, e fanno incontri davvero straordinari.

La strada infatti è una vera e propria vetrina per loro e la loro musica, e vari produttori li contattano per fare  tour e concerti internazionali, come nel caso dell’ Australisches Sonntag a Berlino, del Wine Festival a Skopje, o il tour nei teatri del Portogallo.

Il duo nel 2011 partecipa al Festival della Musica Etnica di Civitavecchia, e nel 2012 riceve il Premio “Rive Sonore” in occasione del decennale del Festival.

Nel 2014, insieme al chitarrista Alessandro Chessa, registrano il loro terzo album “Impronte Live”, un disco dal vivo registrato durante il concerto al Teatro Sala Uno di Roma. Con il brano che dà il nome all’album “Impronte Live” nel 2015 vincono la XVIII° edizione della Rassegna di Musica Diversa – “Omaggio a Demetrio Stratos”.

Nel gennaio del 2017 inizia l’importante collaborazione con il pianista Alessandro Gwis, con il quale suonano varie volte all’Auditorium Parco della Musica di Roma, come in occasione dell’Etno Jazz Night, accompagnati anche da Antonello Salis alla Cavea dell’Auditorium, o alla rassegna “Natale in Auditorium”.

Nel 2019 esce il loro quarto disco “In Questo Viaggio” prodotto e distribuito da Filibusta Records, che presentano nel mese di giugno all’Accademia Filarmonica Romana in occasione della rassegna “Stupore” con la direzione artistica del M° Andrea Lucchesini. Un vero e proprio “viaggio nei suoni” che attraversa tempi e culture, riunendo strumenti provenienti da luoghi e mondi diversi, come il didgeridoo, (il tradizionale strumento aborigeno australiano), che si fonde con molteplici espressioni vocali, dall’ improvvisazione al canto armonico (tipico della cultura mongola), ai canti originali che riscoprono lingue e dialetti appartenenti alle culture mediterranee, e con le sonorità più moderne del pianoforte, fino a sposarsi con sonorità elettroniche contemporanee.

Nel 2022 in quartetto insieme al percussionista Stefano Vestrini e al chitarrista Nicola Cantatore, vincono la 18° edizione del Premio Alberto Cesa, durante il prestigioso festival di world music “Folkest”, aggiudicandosi una tournée finanziata dal Nuovo Imaie.

A febbraio 2025, con Martina Lupi alla voce e strumenti dal mondo, Fabio Gagliardi al didgeridoo e percussioni, Mattia Lotini alla chitarra e bouzouki e Stefano Vestrini alla batteria e percussioni pubblicano il disco “Contrast”, sempre distribuito da Filibusta Records, con la preziosa collaborazione di importanti musicisti: Javier Girotto al sax soprano e quena, Alessandro Gwis al pianoforte, Marco Siniscalco al basso e Michele Gazich al violino.

La loro musica si caratterizza per lo stile unico e sperimentale, che raccoglie elementi e sonorità di mondi culturali diversi, unendoli e creando nuove e possibili forme di dialogo tra culture e tradizioni, con alla base la creatività della sperimentazione stessa. Il viaggio sonoro avviene anche attraverso l’uso di dialetti, lingue e tecniche vocali di diverse parti del mondo.

Come Tupa Ruja hanno suonato a Etno Jazz Night – Cavea dell’Auditorium Parco della Musica – Roma, sempre in Auditorium al Teatro Studio Borgna, Ethnos Festival, EtnoCulturèe Festival – Rassegna interculturale di musiche dal mondo, Accademia Filarmonica Romana – Festival “Stupore” I Giardini della Filarmonica, Tupa Ruja Portugal Tour, Itinerari Folk – Festival di musica acustica etnica e contemporanea, Premio Alberto Cesa – festival di world music Folkest.