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È possibile curare con la musica? Da anni si sente parlare di musicoterapia, ma sarebbe da ingenui pensare che sia sostitutiva delle cure mediche tradizionali; può invece essere un complemento prezioso nella promozione del benessere e nel trattamento di una vasta gamma di condizioni fisiche, emotive e cognitive. Così anche in riabilitazione, in particolare nell’età evolutiva.
Al Centro S. Maria della Pace di Roma vengono effettuati interventi di musicoterapia rivolti a bambini di tutte le età, anche con meno di 3 anni, utilizzando come modello di riferimento il “DIR floor-time for music therapy”, una metodologia basata sulla relazione tra musicoterapeuta e paziente, che fa uso di strumenti musicali tradizionali come chitarra, percussioni e tastiera sia di quelli più particolari e di “nicchia” come handpan e playtronica.

Silvia Pozzuoli è una neuropsicomotricista della struttura romana della Fondazione, che, facendo tesoro dalla passione per la musica è diventata musicoterapeuta qualificata: «La musicoterapia – spiega – è una disciplina scientifica che, attraverso una relazione terapeutica tra l’operatore e il paziente, utilizza il canale musicale con l’obiettivo di lavorare sulle aree deficitarie dello sviluppo del bambino e migliorare così la qualità della sua vita. Quella che facciamo a Roma è un’attività che vede il coinvolgimento attivo del bambino e dove la musica diventa mezzo e strumento di riabilitazione cognitiva e motoria».

In età evolutiva la musicoterapia sostiene lo sviluppo psicomotorio del bambino, facilita la sintonizzazione affettiva e l’ascolto, migliora le capacità di regolazione, l’espressione emotiva e lo sviluppo del linguaggio.
In particolare, a Roma sono seguiti con questi interventi bambini con diagnosi di disturbi dello spettro autistico, sia con interventi esclusivi di musicoterapia, sia all’interno di un percorso riabilitativo neuropsicomotorio.
«Rispetto allo spettro autistico – aggiunge Pozzuoli – la musica permette di lavorare sugli aspetti relazionali, sull’intenzionalità comunicativa, l’attenzione, l’area linguistica, l’ascolto e amplia i processi di regolazione emotiva e di coordinazione motoria: la musica è un linguaggio di comunicazione universale che quindi offre ai pazienti modalità di comunicazione alternative alla parola. Inoltre, in collaborazione con la logopedista, abbiamo sviluppato progetti mirati a bimbi con difficoltà di apprendimento, in particolare con difficoltà nella lettura e nella scrittura. La partecipazione attiva del bambino, cioè la produzione di suoni attraverso strumenti musicali, è di grande aiuto nei bambini con dislessia: è stato verificato che esiste una stretta correlazione tra musica e lettura, che non è altro che l’organizzazione temporale di suoni e parole: attraverso un metronomo, il bambino potenzia la sua percezione ritmica, batte le mani, cammina a tempo, suona il tamburo o altri strumenti e così e così viene aiutato nella decodificazione del linguaggio. Tra l’altro, ci sono aree del cervello dove l’elaborazione della musica e del linguaggio sono correlate».

Trattandosi di sessioni “rumorose”, le sessioni sono svolte in una stanza dedicata, sia con piccoli gruppi che in maniera individuale, con bambini di età compresa tra i 2 e i 6 anni. I genitori sono sempre presenti e anzi, a volte sono chiamati a partecipare attivamente anche loro alle attività, creando così uno di interazione con i propri figli in una modalità comunicativa alternativa, con la possibilità di riprodurre la stessa cosa a casa.
«La musicoterapia – commenta Laura Iuvone, neuropsichiatra e responsabile del servizio di neuropsicomotricità infantile dei Centri “Don Gnocchi” di Roma – può essere attivata all’interno di un percorso o anche solo come prestazione a se stante: è un’attività con caratteristiche ludico ricreative che non ha nessuna controindicazione, ma che richiede una valutazione iniziale da parte della musicoterapeuta non di tipo sanitario. Vediamo i benefici maggiori nell’integrazione percettivo acustica motoria, offrendo al bambino che non ha strategie comunicative efficaci, strumenti diversi dal linguaggio, sostenendone lo sviluppo. Se utilizzata in età molto precoce, può essere una buona base per lo sviluppo di altre competenze. È importante inoltre il ruolo attivo dei genitori che possono imparare strategie per catturare l’attenzione del bambino, coinvolgerlo e fare insieme cose nuove».

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