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Dal 7 ottobre è disponibile in cd e digitale “Attack, Blues, Release”, EP d’esordio della psychedelic garage band marchigiana The Rootworkers.

“Attack, Blues, Release” è stato concepito tra febbraio e marzo 2021, ed è un EP composto da sei tracce che si ispirano, rimodellandone le strutture, ai più grezzi rock blues, soul e rock’n’roll, nonché alla psichedelia degli anni 70. Un travolgente condensato di ritmiche swing e boogie accompagnate da suoni taglienti e acidi sorreggono una voce calda e distorta che declama testi tanto ispirati al quotidiano quanto introspettivi ed onirici. Come nella musica, in cui l’attacco e il release disegnano l’inizio e la fine di un suono, secondo i The Rootworkers anche nei meandri della vita si trova un incessante ripetersi di cominciamenti ed interruzioni, l’infinita ripetizione delle umane vicissitudini che lascia irrompere emozioni che animano i cuori, vengono assorbite, si affievoliscono fino a spegnersi. Da qui il titolo del lavoro, con il blues in mezzo, vero faro e baricentro: un continuo nascere e morire, come la scintilla primordiale che si espande sino ad accendere un grande fuoco, intorno al quale danza la vita, e dalle cui ceneri nasce nuovo terreno fertile.

Work All Day | Il titolo non lascia spazio all’immaginazione, “Work All Day” è l’incarnazione del disagio dei nostri giorni, i quali vedono scorrere inesorabilmente il tempo, un tempo che non c’è. Il lavoro onnipresente penetra anche nelle relazioni, arrivando ad opprimere persino l’amore.  La rabbia trapela dai suoni graffianti e lamentosi delle chitarre e della voce. Un break down a metà brano che sembra restare sospeso in un senso di abbandono e di rassegnazione, sfocia infine in un pianto pieno di colori, quasi un’invocazione a qualcosa di più grande, di sacrale. 
Lonesome Boy | Uno dei primi brani concepiti dalla band, che pone i presupposti per un sound acre e grooves di tiro. Un omaggio sentito al vecchio blues, che rivive attraverso deformazioni e mutamenti della struttura melodica e ritmica. Il testo è un monologo di un “ragazzo solo” che indaga i vari punti di vista presenti in un rapporto. In contrapposizione al tema convenzionalmente triste, la traccia è interpretata con energia e dinamicità. 
The Woman I Love | “The Woman I Love” è un inno alla donna e al suo corpo. La sinuosità del riff di basso, le chitarre calde e brillanti con qualche sfumatura noir e una sezione ritmica che adagia sui tempi deboli fanno da sottofondo ad un testo che barcolla tra il romantico e l’ironico. La carnalità si interrompe nel mezzo del brano, dove uno special dub/psichedelico lascia spazio all’interiorità, alla “spiritualità femminile” che suscita uno stato di trance, di ipnosi. 
To Leave Nobody | Forte di un giro armonico esteso e di tempi dilatati, “To Leave Nobody” è il brano all’interno dell’EP che più vira verso la psichedelia, mantenendo per tutti i suoi 4 minuti un’atmosfera onirica, di immagini non definite e travisabili. Il testo si compone di frasi che sembrano essere a sé stanti, sconnesse, lisergiche, come a rappresentare uno stato di disorientamento costante. 
Dirty Ceiling | “Dirty Ceiling” è il cavallo di battaglia della band, forse il brano che più ci rappresenta. Le chitarre scottano, la sezione ritmica pedala freneticamente per 2:19 minuti e l’armonica ci riporta direttamente con i piedi nelle acque fangose del Mississippi. Una soffitta sporca, malmessa, un luogo dal quale “esce rumore, o anche musica dolce”. Un elogio al nostro tempio, luogo sacro e profano, che nei suoi pochi metri quadrati ci rende liberi e apre possibilità di viaggi senza confini.  
Another Night | È nelle notti più dure, più tortuose e deliranti , quando non vediamo più il fondo e anche i passi diventano incerti che la provvidenza muliebre ci viene in soccorso. Ricorre ancora il tema della donna, stavolta come donna “che salva”, donna protettrice. “Another night” è la nostra ballad per eccellenza, un blues/soul costruito su un basso ostinato, arricchito con linee melodiche variopinte, in sospensione, che restituiscono l’immagine delle grazie e dell’amore espressi nel testo.

I The Rootworkers nascono nel 2019 a cavallo delle provincie di Macerata ed Ancona, nei meandri di quelle campagne appignanesi dove stabiliscono la propria base operativa. Sin dai primi esperimenti in sala prove trovano affinità nello studio della musica nera, incentrando la loro ricerca sulla costruzione di suoni acidi, stridenti, intrisi di grooves che trascendono il blues classico. Un’indagine musicale ed estetica che riparte dalla traccia, dal frammento, riportando quell’atmosfera nebulosa e labirintica di un paesaggio sonoro in sospensione. La formazione è composta da Enrico Palazzesi al microfono/chitarra ritmica/chitarra slide, Lorenzo Cespi al basso, Andrea Ballante alla chitarra solista e Enrico Bordoni alla batteria/piano. Nel 2021 partecipano al contest Homeless Fest 15 classificandosi in prima posizione.

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