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Esce, anticipato dai singoli “What it takes” e “Missing”, l’album d’esordio di Feexer Don’t Bother“. Feexer, al tempo stesso moniker dell’artista e produttore modenese Manuel Ciccarelli e nome della band, ama mescolare gli opposti: urgenza e lassismo. Riff distorti accanto ad arpeggi acustici minimali. Frequenze basse abitate da sintetizzatori ingombranti e pianoforti primordiali più simili a carillon. Senza l’obiettivo di ottenere un determinato sound ma perché tutto questo lo aiuta a creare canzoni.
Radicando la certezza di avere qualcosa di importante e impellente da dire, oltre a terminare di comporre l’album e alla luce delle difficoltà di chi nel settore aveva fortemente apprezzato i suoi demo, Feexer decide di occuparsi della produzione del suo album d’esordio in studio.
La creazione di “Don’t Bother” si è in breve tempo trasformata in un centro di gravità importante anche per diversi artisti della scena modenese. Il video del singolo “What It Takes” è stato girato in quello che ha rappresentato per anni una Mecca della scena alternativa emiliana, lo Zeta Factory di Carpi con la produzione di Paolo Viesti e Joba insieme al regista Roberto Zampa. Giuseppe Bassi ha invece aggiunto quel suo particolare tocco a quello che era un prodotto ormai in fase avanzata con intuizioni che si sono rivelate complementari. Importante è stato poi l’ingresso nella band del batterista Stefano Mazzoli, già componente della band Zeroin, contribuendo in modo fondamentale nella stesura finale del disco.
Da tutto questo nasce “Don’t Bother” che, al contrario del senso letterale del titolo, vuole essere un inno a non lasciare scorrere le cose, un elogio all’azzannare la vita, soprattutto quando è lei a urlarci contro. Ma è anche il prodotto di un mondo, quello da cui proviene Feexer, che forse ha avuto troppo poco risalto dopo i ridenti anni Duemila. La musica alternativa italiana non è mai stata così internazionale e così in forma. Forse, semplicemente, non se ne rende conto. 

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