Print Friendly, PDF & Email

I GIUDITTA presentano l’omonimo EP d’esordio, disponibile dal 18 novembre su tutte le piattaforme digitali: la band bresciana, che si è già distinta per l’attività live, incisiva e muscolare, inaugura il suo percorso discografico con cinque brani, legati da testi ricercati e sonorità che sconfinano nell’indie, rimanendo fedeli alla musica popolare e al cantautorato italiano.

Al centro, una domanda intima e allo stesso tempo generazionale: chi siamo noi? Siamo vittime e carnefici, siamo bambini che credono – ancora – alle favole, nere o vere che siano, riflessi, animali in fuga, ma sempre alla ricerca di uno spazio all’interno del quale riposarsi e ritrovarsi.

“Le tracce contenute nell’EP sono cinque. Ciascuna ha un mondo a sé, collegato, però, da un filo sottile, che accompagna l’intero album. I suoni e le parole sono questo filo, non si contraddicono mai.”
GIUDITTA è un EP intenso e coerente: la voce sempre riconoscibile di Francesca Cordone guida l’ascoltatore attraverso riflessioni personali e sociali, che affondano le radici in un passato più o meno remoto. Il punto di vista che vuole restituire la band, però, non è né malinconico né nostalgico: siamo orfani di pensieri forti, non sappiamo chi siano le nostre guide, ma non abbiamo perso noi stessi. E la salvezza è e sarà sempre nel riconoscersi e di lì ricostruire un presente d’accoglienza e d’Amore.
Già Best Band Lombardia all’Arezzo Wave Love Festival del 2021, i GIUDITTA per l’EP d’esordio hanno scelto di lavorare con Luca Tacconi, che ne ha curato la produzione artistica. Il master è stato eseguito da Giovanni Versari. Il mini-disco è stato anticipato dal singolo PECE.
Giuda e Pece incontrarono Amore: si riconobbero al primo sguardo. I tre si sedettero allo stesso tavolo e divisero il pane come compagni. Si fecero una promessa: avrebbero condiviso ogni pasto, da quello più amaro a quello più dolce, si sarebbero fatti spalla e braccio per sostenere e per accogliere.
Stretti in un abbraccio si sciolsero in un corpo unico e insieme rinacquero Re.
Abbiamo scelto di iniziare il nostro percorso con una sorta di amuse-bouche: un assaggio pensato per il nostro pubblico attraverso cui far conoscere i nostri ingredienti e il nostro modo di lavorare. Un incontro che è stato a tutti gli effetti un lavoro di squadra.
Al testo e alle melodie c’è Francesca, che ha curato anche il lato concept e visual dell’intero progetto.
Alla scrittura musicale e all’arrangiamento c’è Ludovico, basso elettrico e guida spirituale dell’intera ciurma: è stato in grado di riunire le quattro menti sotto un universo musicale ordinato, in cui c’è sempre spazio per la creazione individuale.
C’è quindi Francesco, che ha saputo costruire una ricchezza di suoni e armonie con una sola chitarra e le sue pedaliere. E infine, alla batteria, Jury, il nostro lato più giocoso e vivace, che ha curato il lato percussivo e batteristico.
La produzione del disco è stata seguita in un primo momento da Ludovico e, successivamente da Ludovico e Luca Tacconi che, come una figura paterna, ci ha accompagnato ad ogni singolo passo. Un incontro raro: Luca è stato in grado di entrare nel progetto con un garbo e una risolutezza incredibili. A lui dobbiamo tanto.
Il master è stato eseguito da Giovanni Versari, un nome che abbiamo scelto senza dubbi dal momento essendoci riconosciuti in tutti i suoi lavori.
Caro Mio Giuda è un urlo. È facile intuire chi lo pronunci, ma non viene mai volutamente nominato. Abbiamo cercato di disegnare un “carro del vincitore”, da cui tutto appare differente e su cui non tutti, forse, saremmo disposti a salire. È il compromesso. Due protagonisti famosissimi della storia dietro ad una cornetta, due vecchi amici che si trovano dopo secoli a vedere il frutto delle loro scelte.
Un dio umano che implora l’antipodo per eccellenza di prendere lui il suo posto, di salire lui sul carro del vincitore. Quel carro su cui è stato costruito un grande cantiere che ora non sembra più rappresentarlo.
L’inizio della canzone è quasi beffardo, il nostro protagonista è un affabulatore, mentre nella seconda ripresa tutt’altro, ne esce fuori lo struggimento e il suo essere, dopotutto, un uomo.
Un uomo comune che è stato scelto per sbaglio e che è stato reso attore di una storia, un semplice strumento.
Pece è casa nostra: buia, sporca, primitiva e incrostata di difetti. Ma all’alba dell’ultimo giorno scenderemo le sue scale a piedi nudi, guardandoci allo specchio e troveremo noi stessi.
Favola Vera è la focus track dell’EP: riprende una poesia di Fidia Gambetti, giocata su questo tono teatrale che pone a confronto le promesse sociali e politiche che erano state fatte vent’anni prima e quelle che l’uomo si trova a fare oggi. Il paesaggio riportato non è cambiato per niente.
Fidia ci dice che l’uomo è rimasto lo stesso sacco di merda, così che il racconto a cui crede il protagonista è proprio una favola vera.
La nostra canzone riprende questa tematica e pone la domanda: chi siamo noi? Una generazione che si trova addosso ferite che nemmeno conosce e in cui non sa riconoscersi. Una generazione che è stata costruita su uno stereotipo e che sta cercando di smantellarlo a poco a poco, togliendoselo come un vecchio cappotto. La voce è di sfida e l’immagine che ne esce è corale e vuole essere sociale.
(P)orco è ciò che vediamo nel mondo, la ruota-giostra su cui girano i vari attori sociali. E chi siamo noi? Siamo sicuri di saperci riconoscere fino in fondo? È questa la provocazione che esce dal ritornello. Siamo sicuri del nostro ruolo? È possibile averne uno così definito o le nostre azioni sono troppo relative e legate al tempo e al momento che viviamo? (P)orco si rifà al bestiario di Capossela: scegliere un animale e farne una metafora sociale. Anche qua manca il vincitore e il vinto, non c’è condanna, non vuole esserci. È una semplice fotografia in cui ciascuno può vedere ciò che vuole.
Con Corri Qui abbiamo cercato di descrivere uno spazio d’Amore, di accoglienza. Lo spazio di una mano, di un abbraccio. Lì potremo rinascere noi stessi, in quella stretta di chi è in grado di comprenderci, di farci sentire liberi di essere ciò che vogliamo. Non si muore ad amare chi si vuole. È un amore senza genere, libero da qualsiasi giudizio. È un amore che parla di un amico, di un genitore, di un figlio, del proprio compagno di vita, dell’incontro di un momento. Di vita”.

Giuditta è una realtà nata nel 2020 dall’incontro di quattro musicisti attivi già da tempo nella scena bresciana. Il progetto, co-fondato da Francesca Cordone e da Ludovico Di Meco, ha trovato la sua realizzazione con l’arrivo di Francesco Regazzoli alla chitarra e di Jury Suardi alla batteria.

Il nome del gruppo nasce dall’esigenza di farsi simbolo: del debole che resiste al forte, di chi non si fa soggiogare da alcun potere, ma che sventola la testa di Oloferne dopo la vittoria. Una figura femminile che vuole determinarsi e che rappresenta il diritto alla propria individualità.

In nome di ciò per i Giuditta alla base del loro progetto c’è l’aggregazione, il fare “zoccolo duro”, ponendosi come obiettivo il narrare, sempre e comunque.

A formare l’immagine di Giuditta sono quattro musicisti che si sono scelti nella loro grande diversità, prima di tutto, come persone.

Nell’estate 2021 si aggiudicano il titolo di “Best Band Lombardia” all’Arezzo Wave Love Festival, presentando i pezzi “Caro Mio Giuda” e “La Foresta dell’Amore”.

“Leggerezza, musica fresca, il sogno di fondare una band in pieno lockdown e farlo bene.”
A ottobre 2021 sono ospiti di Radio Popolare della trasmissione JACK, curata da Matteo Villaci, dove hanno l’occasione di registrare live i tre singoli “Pece”, “Caro Mio Giuda” e “Corri Qui”.

Da gennaio lavorano all’EP Giuditta, prima negli studi di Radio Popolare e in seguito presso il Sotto il mare Recording Studios di Luca Tacconi, che ne cura anche il mix. Il master è stato realizzato da Giovanni Versari.

Share Button